• Periodico di
      Informazione turistica
      Aut. Trib. NA n.3104 del 15.04.1982

      Editrice Surrentum
      Viale Montariello, 8 - Sorrento

      Direttore Responsabile:
      Antonino Siniscalchi

      Redazione:
      Luisa Fiorentino
      Mariano Russo

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a Massa Lubrense esposizione di Fulvio Forte

Itpresepe a S.Gregorio Armenoalo Sarcone, nella sua pubblicazione “Il sogno di Benino” scrive che “i napoletani quando non sono impegnati a fare il presepe, sognano di farlo”. Facendo nostro questo aforisma, anche grazie alla disponibilità di uno dei più giovanie brillanti artigiani di San Gregorio Armeno, Fulvio Forte, abbiamo organizzato nella sede della Pro loco di Massa Lubrense una esposizione di alcuni gioielli della produzione presepiale napoletana. Il presepe che letteralmente significa “mangiatoia”, la greppia, nella quale fu collocato il Bambino Gesù alla sua nascita, è la rappresentazione di alcuni passi dei Vangeli di Luca e Matteo relativi alla venuta del Salvatore, all’appanzione di un angelo ai pastori, all’adorazione dei magi, sapienti il cui potere era al limite tra quello regale e quello sacerdotale e il “Diversorium”, la locanda dove inutilmente Maria e Giuseppe avevano cercato riparo. La prima rappresentazione realistica della Natività la dobbiamo a San Francesco d’Assisi che a Greccio, nel 1223, due anni prima della sua scomparsa, secondo quanto ci riporta San Bonaventura, mise in una vera mangiatoia un bimbo da poco nato presentandolo ai fedeli convenuti perché lo venerassero come simbolo del Divino Bambinello Gesù. La tradizione napoletana del presepe nacque come rappresentazione della Napoli dell’epoca, fatta di volti e abiti spesso esotici essendo la città crocevia di mercanti e nobili viaggiatori, popolata di schiavi medio orientali e nordafricani, con quanto di più squisito si potesse presentare agli occhi del popolano, formaggie latticini, varietà di pane (ammazzaruto, cotto, niro, seriticcio, spagnolo, francese), fiaschi di vino d’Ischia e Greco, tortani e agnelli squartati, quarti di maiale e di bue, anatre appese, conigli, frattaglie, il pesce, l’uva bianca e nera, gli animali da cortile, venditori, massaie, zingare, giocatori di carte, ha conosciuto il suo massimo splendore nel periodo che va dal tardo Barocco, cioè dalla fine del seicento, fino ai primissimi decenni del diciannovesimo secolo. Si creò una vera e propria scuola di scenografi di cui ne fecero parte pittori, argentieri, sarti, liutai e soprattutto grandi scultori che provvedevano a modellare i pastori. Tra essi, Lorenzo Vaccaro, Matteo e Felice Bottiglieri, Angelo Vivo, Giuseppe Gori, Lorenzo Mosca, Francesco Cappiello, Giuseppe Sanmartino, creatore del “Cristo Velato”, custodito nella cappella San evero in Napoli. Un impulso notevole il presepio napoletano l’ebbe anche dalla le passione per l’arte e la grande fede religiosa di Carlo III di Borbone che era solito occuparsi personalmente dell’allestimento di quello realizzato a corte aiutato dalla Regina Amalia che preparava gli abiti per i pastori. Fulvio Forte, prestigioso erede per parte di madre della famiglia Ferrigno, (il bisnonno Nicola, nel 1836 iniziò a realizzare pastori a San Gregorio Armeno trasferendo a figli e pronipoti l’arte e i segreti per costruire quei fantastici ed inimitabili presepi invidiatici in tutto il mondo), con bottega-laboratorio in via San Gregorio Armeno, proprio di fronte all’omonima chiesa, ha fatto della terracotta e del presepe napoletano una ragione di vita, assimilando in particolare tecniche scenografiche e minaturiali che gli permettono di realizzare mirabili rappresentazioni di sacre ambientazioni, del mistero della natività, apprezzabili spaccati di vita e mestieri napoletani di inizio novecento. I suoi pastori realizzati con la tecnica ed i segreti tramandati da padre a figli, hanno la testa realizzata in argilla cotta a 960°, gli occhi di vetro soffiato e dipinti a mano sul retro, mani e piedi in legno di tiglio. Il manichino appare poi strutturato da un’ossatura in filo di ferro ricoperta di canapa e poi rivestita di stoffa. Gli abiti vengono personalmente cuciti usando sete di San Leucio, velluti o antiche stole di paramenti sacri. Nella sua bottega realizza oltre a scene del presepe, anche figure di varie dimensioni con la tecnica del ‘700 a quelle di pochi centimetri dipinte con tinte a olio dilettandosi con rara maestria anche a restaurare vecchie strutture, pastori e statue.


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