• Periodico di
      Informazione turistica
      Aut. Trib. NA n.3104 del 15.04.1982

      Editrice Surrentum
      Viale Montariello, 8 - Sorrento

      Direttore Responsabile:
      Antonino Siniscalchi

      Redazione:
      Luisa Fiorentino
      Mariano Russo

      'Surrentum' viene stampato in 13.000 copie da 'Tip. La Sorrentina' Sorrento
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Mimmo PaladinoIn ogni suo accento la casa respira di arte. Mobili, sculture, quadri e disegni, una serie infinita di oggetti portano il segno sicuro dell’ artista che continua a lasciare una traccia grande e definitiva nel mondo dell’arte contemporanea. Dalla terrazza, che sembra sfiorare la grande fontana del Bernini e la facciata della chiesa di fronte, si colgono gli umori terreni di Piazza Navona che rilancia suoni e voci. Mimmo Paladino si muove dalla casa allo studio traducendo con vibratilità i tanti fermenti e le sue espressioni interiori. Poi con la gentilezza che è gli è propria indica, segnala e racconta un percorso fatto di amore e passione che si è snodato su tanto lavoro e consensi in tutto il mondo, in una sequenza teatrale, ambientale e museale, che spazia dalle scenografie alle istallazioni, dalle tele ai volumi, toccando anche il cinema che sta di nuovo per catturare sogni e progetti. Recentemente nominato commendatore della Repubblica italiana dal Presidente della repubblica Giorgio Napoletano, sta lavorando alla preparazione della mostra che verrà inaugurata a giugno a Villa Fiorentino a Sorrento.

A che punto è l’arte contemporanea in generale, la tua in particolare?
La mia è sempre la sorpresa del giorno che si apre. La considero una caccia mai rivolta ad una preda precisa, una volontà che scuote la curiosità e che ad alcuni sembra possa influire in immagini diverse e contraddittorie….Se un giorno nel mio studio si possono trovare opere che appassionano di ispirazione e realizzazione diverse, è la materia che suggerisce così, come il pigmento, la polvere ispirano altro, così come i tanti colori ad olio spingono ad essere fissati sulla tela…E’ una condizione antica, come quando i fiamminghi inventarono la pittura ad olio e i quadri diventarono policromi e splendenti. La materia spinge a fare. Lo diceva Picasso “Non cerco, trovo”. Un motto che vorrei fosse mio. Invece l’arte attualmente cerca un linguaggio, una materia, una formula… Viene privilegiata una concettualità, piuttosto che il lavoro di artisti, che si ispirano a partire da un segno. Io sono di questa squadra.

Se ripensi al passato e all’inizio della tua formazione hai il ricordo e ti riconosci maestri più significativi di altri, tali che abbiano inciso sul tuo percorso di artista?
I miei esordi di curiosità sono sempre stati diretti dalla quotidianità, il passato con i suoi grandi protagonisti mi ha interessato dopo, in un secondo momento. Un momento folgorante fu, nel 1964, la Biennale di Venezia, in cui erano esposti i quadri di Rauschenberg, Jasper Jhons. Quella pittura mi spinse a fare e diventò stimolante, vedere opere come l’aquila imbalsamata e messa incollata sulla tela, fu un’apertura verso un linguaggio nuovo. Avevo sedici anni ed ero andato con Salvatore Paladino a vedere la Biennale! Venivo dagli insegnamenti al liceo di Mario Persico che ci spronava a leggere i libri di Borges, Jonesco e altri autori. Quelle sono state le spinte fondamentale. Tutti gli altri sono arrivati dopo. In quegli anni andavo spesso a Napoli, dove frequentavamo la Libreria Guida. C’era Castellano (Luca) e tanti altri, poi arrivò Lucio Amelio.

Hai mai vissuto un momento difficile, di riflessione o di ripensamento?
Era difficile per l’Italia e per l’arte quasi tutto, il momento che vivevamo era quello del terrorismo. Ero andato a Milano dove si respirava un’aria molto asfittica, sia morale che sociale. In quegli anni spostandomi continuamente tra Napoli e Milano si sentiva un clima difficile e rarefatto. Erano spariti i quadri e i disegni. Mi venne l’idea di comprare una tela cinquanta per settanta e mi misi a dipingere un quadro. Avevo fatto esperienze fotografiche… Il quadro era un interno con una figura, un po’ matissiano. Lo feci vedere alla Rivista Data e mi dettero la copertina! Subito dopo una mostra fatta alla galleria di Lucio Amelio in cui avevo dipinto una parete di azzurro, feci anche una mostra con Persano a Milano. Tutto questo accadde dopo tanti giri in cui avevo portato a vedere il mio lavoro… Era il 1977, un anno in cui c’era stato un ritorno a dipingere, con Ghia, Cucchi, altri diventati noti, prima della transavanguardia. Ci fu per quei nostri lavori l’interesse dei galleristi inglesi, olandesi, svizzeri e una grande mostra a Basilea. Tra i primi ad entusiasmarsi ai miei lavori ci fu Ettore Sottsass.

Un momento di grande effervescenza?
Un momento in cui tutti noi sentivamo di uscire da una forma di concettualismo, più americano che italiano. Le grandi differenze ci sono sempre state. Ci sono Duchamp e Picasso, Michelangelo e Raffaello. Se uno è forte, l’altro è più cerebrale e così via.

Che tempo è quello che stiamo vivendo?
Oggi sono tempi in cui si favorisce più un lavoro socio-concettuale, anche per l’economia ferma, anche drammatica, tempi che favoriscono l’arte.

C’è un motivo per il quale i periodi di crisi favoriscono l’arte?
Perché la crisi, e quindi tutte le difficoltà che ne derivano portano ad una riflessione maggiore e anche all’esaurimento del pensiero precedente e quindi alla ricerca della creatività.

Si può pensare o addirittura credere che l’ arte possa essere temporanea?
Alcune arti si, altre no. Caravaggio è e sarà eterno, Raffaello appartiene al suo momento, pur essendo grande e riconosciuto. Oggi il concettualismo prevarica la forma … quando resta solo il pensiero non basta. Sia nel cinema come nella letteratura si fa attenzione più a di cosa parla un film o un libro, e non come parla.

A te che cosa piace?
Mi piace la sperimentazione, così come mi piace Joyce per la lingua, Sanguineti per la ricerca o Fellini e Tarkoskj per il cinema, mi piace il neorealismo.

A proposito di cinema, dopo “ Don Chisciotte” che ha ottenuto consensi ovunque tornerai al cinema?
Per mille motivi mi è arrivata la proposta di far cinema. Pensando a Don Chisciotte, Cervantes permette una miriade di interpretazioni. Mi piacerebbe rifare l’esperimento con Dante e la sua Divina commedia, che potrebbe darmi gli stessi spunti visionari. Ci sto girando attorno da un po’ di tempo. Mi piacerebbe inserire nella Divina Commedia Pontormo, vissuto in epoca posteriore, ma non mi importa. Pare fosse mezzo matto e che vivesse su un albero!

Che cos’è la libertà per un artista come te capace di spaziare come fai tra temi e materiali, trasposizioni e personaggi, materie e invenzioni?
Poter trasgredire, anche rischiando come ho fatto con Borges in Don Chisciotte e…non mi dire che ci stava male!!!

Che posto ha l’ambizione nella tua vita?
Va bene se non è fine a se stessa. Mi piace fare le cose fatte bene.

Paure ne hai mai avute?
Ci sono sempre le incertezze. Sono un attimo scaramantico e, da buon campano, voglio esorcizzare le paure e rigirarle in positivo.

Che cosa conta o ha contato per te?
E’ importante che qualcuno si sia accorto di me! I passaggi contano!

Come e perché hai deciso di fare una mostra a Sorrento?
Come si fa a non essere attratto dalla cultura e dalla bellezza del luogo? L’altro giorno ero sotto il pergolato del Ristorante Parrucchiano e ho pensato che potrei girare in quel luogo la scena del Paradiso di Dante. Si, lo voglio girare proprio li. E’ un semplice pergolato ma ho colto quello che stavo cercando nel suo aspetto più alto. Per la mostra ho scoperto Villa Fiorentino lo scorso capodanno quando ho passato dei bei momenti a Sorrento. Poi amo le fotografie e stimo Biasiucci, che condividerà con me la mostra. Metterò l’opera creata con i limoni nella stanza che ha il pavimento originale realizzato in rilievo.

C’è un motivo al bel titolo “La casa madre”?
Il curatore della mostra Edoardo Cicelyn è stato direttore del Museo Madre è ovvio che nel titolo ha voluto traslocare il “ suo” Madre.

Hai una speranza legata alla mostra sorrentina?
Spero che, come Piazza Plebiscito, dove realizzai la “Montagna di sale” che dette il via alle opere di tanti artisti, Sorrento possa diventare una piccola casa al chiuso, capace di ospitare altri artisti. Ogni mostra è sempre la più importante per un artista, come per un attore di teatro “una prima è sempre una prima”. Ad ogni mostra va dedicata la stessa attenzione ovunque la si faccia. Con lo stesso impegno e in prima persona ha la stessa curiosità e sorpresa. In più quella di Sorrento la condivido con un altro artista. Come si fa poi a non ricordare i passaggi importanti che ha avuto Sorrento di personalità di tutto il mondo? Posso mai dimenticare Lucio Dalla, Sancho Pansa nel mio Don Chisciotte?

Napoli cos’è per te?
Non sono mai vissuto a Napoli ma Napoli è una continua fonte di ispirazione. Non si può non essere attratto da Napoli, dalle sue architetture e dalle facce. Forse anche perché non la vivo è più forte!.

Affettuoso, disponibile, conversatore, affabulatore e pacato…. sei sempre così come appari?
Sarebbe più faticoso essere altro! Sono tenace ed ho sempre la volontà di raggiungere gli obiettivi.

Una soddisfazione?
Realizzare la Montagna di sale in Piazza del Duomo a Milano. Alla fine ci sono riuscito. L’importante è averla fatta!

La lotta cos’è per te?
Guai se non ci fosse

Una novità che hai in mente?
Illustrare la Treccani con i personaggi famosi: da Goldoni a Machiavelli, da Dante a Petrarca…. La richiesta era di una tavola, ho replicato dicendo che ne avrei fatte quindici, senza sottrarmi! La sfida è questa: mettersi di impegno.

intervista di Giuliana Gargiulo


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